Vittorio Gassman insegue Carla Gravina lungo la Batteria Nomentana in una celebre scena di I soliti ignoti di Mario Monicelli (1958). La macchina da presa accompagna il loro movimento, lasciando intravedere in prospettiva un intero isolato in costruzione, una Roma immortalata nel passaggio tra passato e futuro, dopo le macerie neorealiste del dopoguerra e ancora a un passo dalla dolce vita degli anni Sessanta. I luoghi della città diventano testimoni silenziosi di un cambiamento in atto, lo afferma anche Gianni Sarro, curatore di un ciclo di “Apericinema” alla libreria-bistrot Tra le Righe di viale Gorizia.
Nell’appuntamento di martedì 17 gennaio, gli abitanti del quartiere Trieste a Roma hanno riscoperto, gustando patatine e pizzette, il piacere di rivedere e riconoscere i luoghi della propria quotidianità attraverso la lente dei grandi film. «Il cinema è memoria» afferma Sarri. «Grazie al cinema possiamo ricordare, possiamo rivederci come eravamo vent’anni o trent’anni fa, ma anche all’inizio del secolo». Guardando le pellicole girate in anni diversi ma ambientate nello stesso spazio, è possibile ricostruire come questo sia cambiato.
La relazione tra il quartiere Trieste e il cinema inizia ben prima dell’analisi socio-culturale della commedia di Monicelli. È un’area residenziale che nasce in pieno periodo fascista, che si specchia nei trionfali cinegiornali dedicati all’inaugurazione di scuole (il liceo Giulio Cesare di corso Trieste) e caserme alla presenza di Mussolini. Nella seconda metà del Novecento diventa il luogo prediletto dai divi. Come ricorda anche Sarro, Sophia Loren vi compra la prima casa, Gassman vi si stabilisce per il resto della sua vita, Totò – spostandosi di qualche isolato – si trasferisce ai Parioli.
Attraverso il percorso audiovisivo ideato da Sarro, il contesto intimo e conviviale della libreria-bistrot diventa l’occasione per approfondire la geografia urbana, divertendosi a cogliere e condividere punti di vista inediti sui dettagli dei luoghi vissuti nel quotidiano. È così che il fascino del quartiere Coppedè, interno sempre al quartiere Trieste, diventa la location per l’inquietante Inferno di Dario Argento (1980) e allo stesso tempo ha le caratteristiche ideali, grazie ai suoi palazzi a doppia entrata, per la comica fuga di Gassman in Audace colpo dei soliti ignoti (Nanni Loy, 1959). In questo decennio, diventa anche scena del crimine: lì è stato girato l’omicidio di Maurizio Gucci in House of Gucci (Ridley Scott, 2021).
Il racconto si crea nello spazio e, viceversa, lo spazio determina il modo in cui si decide di narrare. L’esempio che chiude l’apericinema è quello che lo spiega meglio, poiché nella storia del cinema italiano pochi luoghi hanno avuto un ruolo fondamentale nell’economia del racconto come Piazza Caprera in C’eravamo tanto amati (Ettore Scola, 1974). Nella sequenza cruciale del film, quella in cui dalla fotografia in bianco e nero si passa al colore, le quattro diramazioni della piazza diventano le quattro strade separate che i personaggi intraprendono, interrompendo la profonda amicizia che fino a quel momento li legava.
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Dettagli raffinati come questo, quando discussi in gruppo, grazie al potere di aggregazione del cinema, alimentano il dibattito, ravvivano l’attività culturale dei quartieri, creando affiliazione, dialogo e nuovo interesse. «In questa serata mi sono ritrovata», dichiara a Zeta Angelica A., una delle partecipanti più coinvolte dell’evento, «è stata un’occasione davvero molto carina, divertente e piacevole». Anche chi è rimasto in disparte ad ascoltare, tuttavia, tra un bicchiere di vino e qualche chiacchiera, su un quadernino ha preso appunti. Chi è entrato in libreria per acquistare libri ha indugiato, ascoltando, incuriosendosi. Qualcun altro, forse ancora al liceo o alle scuole medie, ha scoperto per la prima volta il volto di Vittorio Gassman o Nino Manfredi e, di certo, non lo dimenticherà.