L’acqua del lago non è mai dolce, edito da Bompiani, è tra i dodici titoli candidati al Premio Strega. La scrittura di Giulia Caminito è corposa ed è chiaro come il romanzo abbia tratti autobiografici, benché la componente letteraria sia prevalente.
In sintesi, il libro racconta la vita di una giovane donna senza certezze e senza mezzi. Gaia è parte di un “noi” di cui non ha chiesto di far parte.
La sua famiglia è asfittica, un po’ per come è strutturata e un po’ perché per sei persone è difficile convivere in un piccolo spazio e con pochi soldi. Massimo, il padre, è paralitico e ormai del tutto apatico. È caduto da un’impalcatura mentre racimolava dei soldi in nero, per cui nessuno l’ha risarcito.
Pesa ormai totalmente sulla moglie, Antonia: una donna che si batte fieramente contro le ingiustizie, ma indurita dalla vita e a tratti inflessibile con i figli. Non tanto con i gemelli, i più piccoli, che restano sempre sullo sfondo della narrazione.
Più che altro, Antonia si mostra dura con il maggiore, Mariano, e con Gaia. Sulla figlia proietta i desideri frustrati di un’intera vita.
La famiglia si è stabilita ad Anguillara, a due passi dal lago di Bracciano. Gaia abita in una realtà di provincia, ma parallelamente conduce la vita di un’alunna modello che studia in un liceo classico al centro di Roma, frequentato da
adolescenti viziati e figli di papà palazzinari.
Nessuno dei suoi amici può dire di conoscerla davvero, perché Gaia è misteriosa, opaca. È come il lago di Bracciano, che appare placido in superficie, mentre sul fondo è agitato da correnti infide. Così, Gaia sembra innocua e immobile, ma nel suo animo si agitano turbamenti ed emozioni contrastanti.
Il romanzo è in prima persona singolare e, passo passo, il lettore segue la vita di Gaia: minuta e indomabile, ma in grado di colpire con ferocia.
Una ragazza dai capelli rossi che anela ciò che è certo e omogeneo, poiché sospesa nell’incertezza di quella che possiamo definire una storia di formazione.
Giulia R.