Volevo leggerlo da tempo, perché ne avevo sentito parlare tanto e bene, e per aver apprezzato moltissimo, dello stesso autore, “La simmetria dei desideri”. Poi ho saputo che Nanni Moretti ne avrebbe tratto un film, e mi ha incuriosito la scelta. Non si tratta di un vero e proprio romanzo, ma di tre storie che solo di sfuggita si intrecciano: siamo a Tel Aviv, i tre protagonisti abitano nello stesso palazzo, e fra i tre accadono minime interazioni. Ognuno racconta di aver visto o incontrato il vicino, e il lettore ha modo di conoscere i personaggi da angolazioni diverse. Ma soltanto arrivati al terzo piano si giunge a comprendere il legame di tipo psicoanalitico che l’autore ha architettato nella costruzione della struttura narrativa: l’uomo, la giovane donna e la donna anziana con lo snodarsi delle loro storie rappresentano i vari stati dell’anima secondo Freud. Si parte dalle pulsioni del desiderio, si passa alla difficoltà nel distinguere i sogni e i desideri dalla realtà e si finisce con il Super-io, la capacità di ergersi al di sopra di sé stessi, di vedersi dall’esterno come in uno specchio. E in tal modo, forse, risulta possibile riuscire a riannodare i fili delle proprie contraddittorie vite, o si impara a conoscersi, ad accettarsi anche negli errori, a fidarsi e farsi condurre per strade diverse da quelle finora percorribili.
Alla conclusione, ho avuto la sensazione di aver dimenticato le due storie precedenti, di averne perso il peso, tale era l’intensità dell’ultima parte: non casualmente Nevo sembra aver voluto creare un percorso a tappe, quasi un’ascesa a un punto più alto della consapevolezza, possibile solo in età matura. L’ingegnosità della sua scrittura corrisponde anche a una tecnica narrativa molto ben costruita, secondo la quale i tre personaggi principali parlano o scrivono a qualcuno di cui non sapremo mai la risposta: sono di fatto dei monologhi, in cui chi narra si mette veramente a nudo nelle pulsioni e nei pensieri più intimi.