Edito in Italia da Sur nel 2021, ma pubblicato originariamente nel 2008, il romanzo “Radici bionde” è un rovesciamento della realtà, animato dalla fantasia dell’autrice.
Bernardine Evaristo ribalta la tratta atlantica: i neri sono schiavisti, i bianchi sono schiavi. Sono i neri del Regno Unito di Grande Ambossa a razziare gli Europiani dalle loro case, non viceversa. Dopo averli catturati li portano nelle Isole del Giappone Occidentale – dette anche Nuova Ambossa – ovvero la potente colonia fondata dagli Ambossani.
Una nuova terra occupata dagli abitanti di un vecchio continente, che hanno reso florida l’economia della Colonia, ma infliggendo sofferenze agli schiavi Europiani. Alcuni di questi sono nati in cattività, ma non la protagonista del libro, che ha conosciuto la libertà durante l’infanzia. Doris, una donna non più giovane – con dei sottili capelli biondi – narra in prima persona la sua storia: di come sia stata strappata alla famiglia, portata via dall’Inghilterra e fatta schiava.
L’intera vicenda si svolge in un periodo storico volutamente imprecisato: Evaristo mescola elementi di epoche diverse – la protagonista proviene da una campagna feudale, ma allo stesso tempo ricorda di aver giocato con le Barbie – e questo contribuisce a rendere l’atmosfera del libro piacevolmente rarefatta.
Le fila del racconto di Doris, che trova sempre nel passato la forza per affrontare il presente, si muovono di continuo tra gli eventi e i ricordi. Della sua vita da bambina Doris ricorda la povertà, ma soprattutto la gioia di sentirsi una persona, anziché una proprietà.
I ricordi tengono Doris aggrappata alla vita, la spronano a inseguire la libertà, che cercherà di ottenere con l’aiuto di una ferrovia sotterranea e di una rete di Ambossani abolizionisti che aiutano gli schiavi a fuggire.
Giulia R.