Prima di diventare vegetariana, Yeong-hye era una donna coreana del tutto ordinaria: questa è l’informazione su cui il marito – narratore del primo capitolo – batte l’accento. Banale e passiva, senza grilli per la testa. La sua indole docile è il motivo che l’ha spinto a sposarla. Una notte però, dopo un sogno brutale e rivelatore, Yeong-hye attua un cambiamento radicale nella sua vita: non mangerà più gli animali.
La metafora della rinuncia alla carne è particolarmente suggestiva applicata alla società coreana, perché si traduce in alienazione dalla famiglia, dagli amici, dagli eventi sociali. Il marito guarda con sospetto la donna che credeva di conoscere, eppure non trova in lei alcuna traccia di arrendevolezza. La moglie rifiuta la carne, rifiuta il cibo, come rifiuta le convenzioni. La remissività che l’uomo aveva apprezzato nel carattere di Yeong-hye si trasforma – seppur attraverso la rinuncia – in aperta ribellione.
La scrittrice Han Kang si concentra con forza sul corpo della protagonista, talvolta con durezza – senza tacere abusi e violenze quotidiane, messe in atto dal padre, dal marito, dalla famiglia. Sembra che tutti vogliano controllare il corpo di Yeong-hye, finché lei stessa non decide di riappropriarsene facendolo scomparire. Man mano che la protagonista dimagrisce, l’atmosfera del libro si fa più rarefatta e il corpo stesso della donna sembra perdere di consistenza.
Il corpo è l’unico mezzo attraverso il quale Yeong-hye esprime il proprio dolore, che sfocia nell’ossessione. Il ritratto della sua psicologia è profondo, ma sempre mediato da uno sguardo esterno. Il lettore non ha mai l’occasione di entrare nella mente della protagonista, fatta eccezione per le cupe descrizioni dei suoi incubi notturni. Per indagare il disagio psichico della protagonista, Han Kang sceglie di portare avanti la narrazione attraverso gli occhi degli altri personaggi. Yeong-hye è sempre osservata ‘da fuori’. In un primo momento dal marito, poi dal cognato e infine dalla sorella. È sempre l’occhio dell’altro a raccontare il declino fisico e psichico della protagonista.
L’uso dell’io narrante è dunque discontinuo e questo, anziché indebolire la prosa, la rende più potente. Le voci diverse dei tre narratori si integrano, ma restano – intenzionalmente – ben distinte tra loro. Forniscono molteplici punti di vista sulla vicenda. Attraverso la narrazione frammentata il ruolo della protagonista diventa più vivo e la sua figura più presente.
In Corea La vegetariana uscì nel 2007 sebbene in Italia sia stato pubblicato nel 2016, rivelandosi un originale lavoro di sguardi, da cui risultano tre sezioni diverse di uno stesso racconto – all’interno del quale la voce della protagonista non è assente, bensì direttamente identificabile col suo corpo. Il progressivo deperimento di Yeong-hye rappresenta la rinuncia a quella vita che lei non ha scelto.
Giulia R.